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Alighieri, Dante (1265-1321)

[De Monarchia] in Opere minori Firenze, Giuseppe Allegrini e Giovan Battista Mazzoni, 1834-1840

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Alighieri, Dante (1265-1321). [De Monarchia] in Opere minori . Firenze, Giuseppe Allegrini e Giovan Battista Mazzoni, 1834-1840

Tre parti in sei volumi in-8° (mm 158x100). I: CCCLIV, [2] pagine; II: [2], 356; III: XXXVII, [2], 324 pagine; IV: [2], 325-696 pagine; V: XII, 358, [2] pagine; VI: XVI, 377, [3] pagine. Brossure editoriali. Brossura del primo tomo del Convito riprodotta su cartoncino coevo, perse le brossure dell'ultimo tomo, di cui è conservato il dorso originale. Esemplare con barbe in buono stato di conservazione, diffuse fioriture e arrossature.

Provenienza: il letterato pontremolese Leopoldo Bocconi (nota di possesso al piatto anteriore del Tomo II Parte II: ‘Leopoldo Bocconi Lucca 1860', il cognome è vergato anche al piatto anteriore del Tomo III Parte I); Abbazia di Chiaravalle (all'occhietto del Tomo III Parte II timbro che attesta l'alienazione del volume dalla Biblioteca in quanto duplicato); Paolo Cagna Ninchi (ex libris al contropiatto, o al verso della carta di guardia anteriore, di ogni volume).

Prima edizione del De Monarchia corredata dalla sua versione in volgare redatta dall'umanista e filosofo Marsilio Ficino (1433-1499), e accolta nella rara collezione delle opere minori dantesche curate dal letterato e filosofo Pietro Fraticelli (1803-1866).

Nonostante l'avversione della Chiesa, il trattato dantesco godette di buona fortuna e ampia circolazione: otto delle venti trascrizioni censite risalgono al XV secolo e tra queste due sono volgarizzamenti, il primo redatto da un anonimo della metà del Quattrocento, il secondo opera di Marsilio Ficino, che dedicò la sua versione del 1467 a Bernardo del Nero (1422-1497) e Antonio Manetti (1423-1497). Il testo del volgarizzamento dell'opera su cui si basò Pietro Fraticelli è l'attuale codice Magliabechiano VII 1173. Il pregio dell'editore risiede principalmente nell'aver presentato nella loro unità e complessità, pur nei limiti della tecnica filologica del tempo, i problemi testuali e critici offerti dall'opera del poeta.

La princeps di questa importantissima opera, che espone il pensiero di Dante su un tema da secoli controverso, cioè il rapporto tra il potere imperiale e quello papale, venne pubblicata nel 1559 a Basilea, seguita dalle ristampe del 1566 e del 1609 a cura di Simone Schard, mentre, per ‘inestinguibile odio' da parte della Curia romana, fu necessario attendere il 1758, con la pubblicazione delle opere dantesche dello Zatta, perché in Italia il trattato venisse stampato apertamente. Il cardinale Bertrando del Poggetto, legato di papa Giovanni XXII, dannò il De Monarchia al fuoco nel 1329, secondo il Boccaccio «in terra di Romagna non potendo bruciare le ossa dell'autore», e solo nel 1881, negli ultimi anni del pontificato di Leone XIII, l'opera venne riscattata dall'Indice dei libri proibiti.

Mambelli, n. 857; E. Bertin, La versione ficiniana della Monarchia a Venezia: due episodi poco noti, «La Bibliofilia», (113) 2011, n. 3, pp. 294-301.

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